Ogni mattina un italiano si sveglia e sa che dovrà prendere una decisione importante, fondamentale, che determinerà l’intera giornata.

Che potrà risolversi in uno splendido, memorabile giorno, oppure degenerare in una memorabile catastrofe, seconda solo alla morte improvvisa.

La decisione fondamentale da prendere è: “cosa mi mangio oggi?”.

Il cibo e gli italiani monologo satirico

Tutto il resto è relativo. Lavoro, incombenze, commissioni, impegni, persone da sentire e vedere, vengono dopo e saranno incastrate tra il prima di mangiare e il dopo aver mangiato e a seconda di cosa aver mangiato.

Perciò cosa mangiare è la decisione che va risolta subito. Se non si risolve quella, non si può iniziare.

Perciò, ti alzi, vai in bagno, ti lavi i denti e mentre ti guardi nello specchio, pensi ad una risposta plausibile, da dare quando uscirai dal bagno e qualcuno, vendendoti, ti chiederà:

“Che ci mangiamo oggi?”.

La persona che ti guarda ha il tuo stesso interrogativo, si è alzata con la stessa intenzione, sta cercando la tua stessa risposta.

E da lì in poi, è tutta un’ansia.

Beati i popoli che possono scegliere tra tre o quattro cose, e si sbrigano subito.

Noi italiani no.

Noi abbiamo venti cucine regionali, 107 cucine provinciali, 8 mila cucine comunali, e tra queste ci sono da aggiungere le cucine di quartiere.

Il cibo e gli italiani monologo satirico

Roma ad esempio ha venti municipi. In ognuno si cucina in modo diverso. La carbonara si cucina in venti modi diversi. Uno va a Trastevere e pensa di mangiare la carbonara tradizionale.

NO. È un errore.

A Trastevere ci sono i turisti, e la carbonara si è turistificata, ci trovi la panna, il salame e il parmesan, il parmigiano americano.

Per la carbonara devi andare a Testaccio.

NO. Testaccio si è imborghesito, ci abitano quelli del cinema, fuoriusciti da Monteverde, insieme ai giornalisti. La loro carbonara è cinematografica, scenica, ma prova poi a mangiarla: fa schifo.

Per mangiare la vera carbonara devi andare al Pigneto.

NO! Al Pigneto ci stanno i radical chic, sono vegetariani, non mettono il guanciale. Non mettono nemmeno le uova e il pecorino, per compiacere i vegani.

Per mangiare la vera carbonara…

Ho capito. La cuciniamo noi. Oggi mangiamo una carbonara.

NO!

Perché?

L’abbiamo mangiata ieri.

Siamo italiani. In Italia è vietato mangiare due volte la stessa cosa.

Devi variare. Con tanta varietà, non vorrai mica mangiare la stessa cosa due giorni di seguito.

Prova a mangiare due volte la stessa cosa.

T’arrestano.

E mentre ti portano via, la gente si raduna sotto la casa per vederti.

Cosa ha fatto?

Ha detto che oggi avrebbe mangiato una carbonara.

E allora?

E allora, l’aveva già mangiata ieri.

NO!!!

SI

Che pezzo di merda.

Non ci si crede.

E dire che salutava sempre.

Ma dico io, con tutto quello che c’è di buono da mangiare in Italia? Con tutte le cucine regionali, le provinciali, le comunali?

E le quartierali?

Devi essere proprio stronzo.

Dillo che ci odi tutti, che ti facciamo schifo.

Certa gente non merita proprio di vivere.

E così mentre ti portano via, ti becchi anche gli insulti della tua comunità. Alla quale hai dato un dispiacere enorme. Non c’è niente in Italia che simboleggi un disvalore come il mangiare la stessa cosa due volte di seguito.

Il cibo e gli italiani monologo satirico

Anche da piccolo te lo dicevano: mangiare la stessa cosa è peccato mortale. Pensa ai bambini dell’Africa che devono mangiare la stessa cosa giorno dopo giorno. Quelli si che sono sfortunati.

Tu invece puoi variare, e se non vari, sei un piccolo fottuto stronzo egoista bastardo. Chissà di chi sei figlio. Tua madre, del resto, faceva la ballerina.

Perciò prima di dire cose di cui potresti pentirti, prima di decidere, devi ricordati di cosa hai mangiato nei giorni precedenti.

E non sbagliare.

Comincia a pensare.

Devi ricordati esattamente in quali giorni hai mangiato amatriciana, boscaiola, puttanesca, bolognese, norma, sorrentina, genovese, gricia, arrabbiata, mari e monti, norcina, papalina, carrettiera, luciana, zingara…eccetera eccetera.

Tra un piatto e l’altro devono essere passate ALMENO tre settimane.

Non finisci più.

E anche il tipo di pasta.

Viviamo in un paese che vive per inventarsi forme di pasta da chiamare con nomi popolari.

Una volta c’erano solo gli spaghetti e i maccheroni.

Adesso devi navigare tra bucatini, capellini, vermicelli, linguine, fedelini, bigoli, pici, tonnarelli chitarrine, trenette, scialatielli, mafalde, paccheri, ziti, tortiglioni, ditalini, trofie, cappelli del prete, fagottini, mezzelune…

E i nomi della tradizione, che non sai se esistono davvero ma anche se non esistono, potrebbero esistere.

Specialmente quelli che richiamano un che di violento.

Strozzapreti

Strangolarospi

Schiacciavecchie

Tritacristiani

Sventrastomaci

Ammazzassessori

Sgozzavescovi

Impiccavicini

Stritolabimbi

Questo ti ricorda che la cucina italiana può anche essere violenta. Puoi anche dare la morte.

Ma è una dolce morte. Da noi, se proprio ci tieni, visto quello che c’è da mangiare, ti puoi anche suicidare. Ma dopo cena.

Ci sono i popoli born to run, born to kill.

Noi siamo born to cook. Nati per cucinare.

Infatti cuciniamo dovunque, non solo in cucina.

Se guardi sui social, trovi gente che cucina in salotto, in cameretta, in giardino, sul terrazzo, sul balcone, nel box, in mezzo alla campagna, nei boschi, in riva al mare, dentro il mare con l’acqua che t’arriva al petto, arriva un’onda ti sommerge la faccia ma tu alzi le mani e salvi la ciotola con cui stavi sbattendo le uova per la frittata.

Siamo capaci di cucinare in equilibrio su un piede, a occhi bendati, incappucciati, di schiena, in ginocchio. di traverso, stesi, in mezzo al traffico, mentre saltiamo sul trampolino dei tuffi.

Cuciniamo dovunque. Metteteci alla prova. Non scherziamo. Facciamo sul serio.

Intanto però siamo al punto di partenza. E’ passato del tempo ma ancora non abbiamo deciso.

Cosa ci mangiamo oggi?


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