Alla fine ce l’ha fatta. Ha dovuto promettere di non esagerare e da qui in avanti di moderare il suo comportamento, di distinguere tra scopo commerciale e altri scopi, di andarci piano con le parole “Violazione” e di riconoscere che tra acquisto di licenza e violazione di copyright in mezzo ci passano liberi utilizzi che si impegnano a rispettare. Ed è per queste ammissioni/impegni che – a differenza di Photoclaim a cui invece era andata molto male – la società tedesca Copytrack si salva dal Garante Antistrust italiano il quale con un provvedimento arrivato a fine 2024 ha “assolto” la società tedesca che potrà continuare a inviare le sue email di riscossione a titolari di blog e siti internet, seppure come vedremo, con una serie di paletti auto-imposti per evitare il ban dell’autorità e la fine delle attività di Copytrack in Italia. Mettiamo dunque i fatti un fila e vediamo cosa e successo e cosa succederà da oggi in poi.

L’apertura delle indagini su Copytrack da parte del Garante
Con un avviso di apertura procedimento reso noto a fine 2023, il Garante annunciava l’apertura di una istruttoria nei confronti della società tedesca Copytrack che svolge l’ attività di accertamento e riscossione (presunti) crediti fotografici per conto di propri mandanti titolari dei relativi diritti.
L’attività di queste società è nota e sulle pagine del mio sito ne è stato dato conto ampiamente con una serie di articoli dettagliati visibili qui.
Troll del copyright e Business delle immagini
In sostanza, l’attività consiste nella monetizzazione delle immagini presenti sul web in ogni dove, da siti privati e amatoriali, a siti professionali e a scopo di lucro, da blog a semplici pagine, da social network ai feed rss automatici implementati su siti di news, da parte di società di “riscossione fotografica” che grazie a software cosiddetti di matching fotografico, rintracciano le immagini e contattano tramite email i pubblicatori e proprietari dei siti accusandoli di violazione di copyright intimandolo loro, molto aggressivamente, di pagare determinate cifre dato che si tratta, questo è il tenore delle email, di violazione di copyright senza dubbio alcuno, a danno dei propri assistiti.
La faccenda naturalmente è molto ingarbugliata almeno quanto la giungla di norme nazionali ed europee sulle quali queste accuse di violazione si poggiano. Da un lato c’è il sacrosanto diritto dei fotografi di lavorare tramite produzione e vendita di immagini, ma dall’altro che piaccia o no, ci sono tutta una serie di realtà, da un mercato delle immagini completamente invaso da internet, dalla tecnologia, dai social, dalla condivisione automatica e immediata delle immagini i cui scopi dietro queste pubblicazioni spesso prescindono totalmente dallo scopo di lucro per i quali ha poco o per nulla senso rivendicare proprietà e danni.
Nonostante questa ovvia constatazione, da diversi anni, sono nate sul mercato alcune società dedite alla monetizzazione delle immagini pubblicate su internet che, grazie a dei software di matching fotografico e un sistema di email marketing ben organizzato, sono in grado di reperire le foto presunte rubate, rintracciare i proprietari e accusarli di violazione di copyright, proponendo loro di versare una somma per sanare l’illecito.
L’idea di business effettivamente c’era e c’è: se una maggioranza di persone resta comunque indifferente, anche grazie al fatto che molte email non arrivano a destinazione, e comunque una semplice email non costituisce una messa in mora legale e dunque può essere ignorata bellamente, a fronte di questa c’è una minoranza di destinatari che legge la lettera, si preoccupa, non ha i mezzi né strumenti, né consulenti per districarsi nel groviglio di norme penali e civili, nazionali e internazionali e valutare la fondatezza delle accuse, e di conseguenza, temendo seriamente di aver commesso un grave illecito, e messa in condizioni psicologiche di sudditanza, accetta di pagare quanto richiesto e acconsente a transazioni che nella realtà di una conoscenza completa di norme e fattispecie della materia, non avrebbe molto probabilmente accettato o accettato a tutt’altre condizioni.

È questo il punto oscuro di queste società di accertamento di violazioni che non si è mai voluto affrontare da parte di queste stesse società. Ovvero: porsi in termini ultimativi accusando e minacciando cause e dunque spaventando persone in buona fede; e il metodo della pesca a strascico nei confronti di chiunque avesse pubblicato una immagine. Entrambe le cose assicurano un ottimo fatturato: prima di essere messa fuori gioco Photoclaim fatturava tre milioni di euro l’anno).
Copytrack si salva dal Garante
E torniamo al nostro caso. Raggiunta dal provvedimento del Garante, Copytrack si attrezza fin da subito per evitare di fare la fine di Photoclaim e mette in campo diversi avvocati, dandosi da fare per cercare di non soccombere. E soprattutto mette in campo una strategia divesa dalla società polacca bannata: non contesta le accuse e nemmeno le ammette. Sceglie di impegnarsi a cambiare comportamento.
Seguendo lo stesso schema con cui ha dichiarato illegittima e scorretta Photoclaim, il Garante avanza nei confronti di Copytrack gli stessi rilievi: “la contestazione oggetto di avvio riguarda la modalità con cui Copytrack perseguirebbe la finalità di indurre i consumatori alla conclusione di onerose transazioni aventi a oggetto l’utilizzo di immagini del cui diritto d’autore sono titolari i propri mandanti”.
E ancora sotto accusa ci sono tutte le opacità accennate prima ovvero: mancanza di “adeguata informazione in merito al proprio mandato, al titolo posto a fondamento delle proprie pretese, alle prerogative economiche e/o morali asseritamente lese dall’uso non autorizzato dell’immagine” e, soprattutto, omettendo di informare i destinatari, nelle email tipo inviate, della possibilità di “chiudere” la contestazione oltre che tramite l’acquisto di una licenza o attraverso la dimostrazione della titolarità di una licenza preesistente, tramite il ricorso a una delle eccezioni o limitazioni al diritto d’autore, peraltro inserendo riferimenti a leggi straniere, idonei a indurre il timore di azioni legali all’estero.
Infatti ancora una volta va ribadito che esistono delle eccezioni/limitazioni al diritto d’autore che impediscono che si possa parlare di violazione del copyright, circostanza che naturalmente queste società si guardano bene non dico dall’evidenziare ma almeno dall’informare.
Le accuse del Garante
Al provvedimento del Garante, Copytrack fornisce informazioni in più riprese e si presenta in audizione dallo stesso garante, fornendo chiarimenti e informazioni sul suo metodo e sul suo operato.
In particolare sul metodo del matching fotografico Copytrack rivela alcune informazioni che confermano un certa corresponsabilità nel comportamento persecutorio degli stessi titolari dei diritti fotografici.
Copytrack infatti invia le email su richiesta dei titolari dei diritti sulle immagini (mandanti di Copytrack), i quali caricano i propri portfolio su un software di proprietà del professionista finalizzato alla ricerca di eventuali pubblicazioni online non autorizzate. Qualora detto software riscontri una presunta violazione del diritto sull’immagine, questa viene portata all’attenzione del relativo titolare (autore dell’immagine) che può conferire – tramite la compilazione di un webform (“submission form”) – uno specifico mandato a Copytrack per perseguire in via stragiudiziale il presunto trasgressore.
Copytrack fa quindi presente di fornire ai propri assistiti soltanto l’elenco dei siti nei quali sono apparse immagini di titolarità degli stessi assistiti, demandando loro il compito di decidere chi perseguire per violazione e chi no, analogamente a quanto mi aveva detto il fotografo Franz Guistincich in questa intervista, affermando quanto fosse sbagliato, improduttivo e inutile da parte del fotografo voler perseguire chunque, senza distinguere caso per caso e quindi il sito commerciale per scopo di lucro rispetto al singolo blog del pensionato.
Copytrack rivela quindi come siano gli stessi come siano gli stessi detentori delle immagini a non fare alcuna differenza sull’utilizzo, ignorando bellamente norme, prassi, esenzioni ma volendo perseguire tutti i presunti trasgressori, chiunque siano, quale che siano gli usi e gli scopi i tempi, i modi di pubblicazione e pazienza se a volte si tratta di pensionati con il loro blog, di parrocchie francescane, di associazioni di volontariato senza scopo di lucro. Che paghino tutti!
Con tanti saluti al diritto di cronaca, di critica, allo scopo didattico, alle immagini semplici trovate sul web senza firma alcuna (liberamente utilizzabili secondo la legge italiana). Fuori i soldi, altro che!
Metodo di quantificazione del prezzo
Per quanto riguarda i prezzi richiesti per sanare “le violazioni” Copytrack ha rivelato che il prezzo viene prima chiesto al proprietario delle immagini, che deve allegare a prova, le ultime tre fatture di vendita della stessa immagine ma in mancanza di queste fatture il prezzo viene deciso dalla tabella del Tariffario MFM, “Mittelstandsgemeinschaft Foto-Marketing”, tariffaraio dell’Associazione federale tedesca dei fornitori di immagini professionali (BVPA), il cui compito è quello di registrare le tariffe standard per le immagini del mercato al fine di offrire un riferimento ai fotografi o agenzie o ai giudici, in caso di contenzioso.
Tariffario utilizzato anche da Photoclaim e sul quale non si capiva allora e non si capisce nemmeno oggi perché dovrebbe far fede qui in Italia e per tutte le immagini: ad esempio, chi scrive ha avuto modo di vedere una immagine contestata e per la quale si chiedevano ben 300 euro, di una insegna di un distributore di benzina. Cosa c’entra con le immagini di un tariffario tedesco di immagini di marketing?
Il Garante accusa anche il metodo delle “email standard inviate” che “risultano idonee a indurre i destinatari ai pagamenti richiesti, sia per come formulate (e veicolate in inglese anche ai consumatori italiani) sia per i riferimenti ripetuti alla rilevanza penalistica dell’attività contestata, idonei a intimorire i destinatari”.
Il professionista – continua il Garante – omette poi di indicare ai destinatari delle email la possibilità di “chiudere” la segnalazione – oltreché tramite l’acquisto a titolo oneroso di una licenza o la prova di una licenza preesistente – tramite il ricorso ad una delle eccezioni o limitazioni al diritto d’autore (es. citazione, critica, rassegna, parodia etc.), invece garantite dalla disciplina vigente (Direttiva 2001/29/CE, articolo 5, e Convenzione di Berna, articoli 9 e seguenti).
E come ultimo rilievo a Copytrack, il mancato accoglimento di qualunque altra giustificazione: “nelle ipotesi in cui il destinatario delle email tenti di difendere la liceità del proprio comportamento rispondendo all’email del professionista, quest’ultimo trasmette nuovamente la stessa email-tipo senza modifiche, con evidente effetto dissuasivo da ogni ulteriore tentativo di difesa”.
La difesa di Copytrack
Forse memore della fine che ha fatto Photoclaim che decise di contestare tutti le critiche del Garante e di difendere a tutti i costi la liceità della sua condotta, Copytrack ha messo in campo una strategia diversa, che potremmo definire di contenimento.
Invece di contestare, Copytrack si è resa disponibile a modificare la sua condotta venendo incontro ai rilievi del garante, presentando una lista di “impegni” a cui dare seguito da adesso in avanti, lista che poi è stata ulteriormente ampliata dopo che il Garante aveva giudicato insufficiente una prima versione.
La lista di impegni di Copytrack
Nel primo impegno la società si impegna ad istruire i propri collaboratori addetti al controllo e alla revisione delle potenziali violazioni riscontrate con criteri più restrittivi circa la selezione dei casi destinatari della comunicazione di Copytrack in Italia. Copytrack si impegna inoltre a rinunciare a perseguire le posizioni oggetto di segnalazione che non rispettino i nuovi criteri di selezione. In particolare, la Copytrack rinuncia alle posizioni che abbiano come oggetto l’utilizzo di immagini su pagine web prive di una immediata finalità commerciale, siano esse attribuibili a soggetti individuali o a microimprese.
Nel secondo impegno la società si impegna a pianificare una gestione separata dei casi italiani, in particolare prevedendo l’invio di una prima comunicazione in lingua italiana di sola richiesta di informazioni e chiarimenti sulla riproduzione che appare in violazione di un diritto d’autore, con un termine di quindici giorni per le risposte, e il successivo eventuale invio di una seconda comunicazione, sempre in lingua italiana, subordinata alla mancata o insoddisfacente risposta alla prima lettera di richiesta di informazioni, con formulazione della quantificazione della pretesa risarcitoria e l’offerta alternativa di una post-licenza, indicando i criteri di calcolo del danno (equitativo o del prezzo del consenso).
Nel terzo impegno Copytrack annuncia la realizzazione di un nuovo sito web aperto e accessibile al pubblico e che si affianca al portale attuale, finalizzato a fornire tutta una serie di informazioni (di merito e procedurali) ai destinatari delle comunicazioni. Il sito web espliciterà in termini chiari e trasparenti i riferimenti normativi europei e nazionali del paese di provenienza del destinatario che legittimano l’attività di Copytrack.
Scrive ancora il Garante che la società tedesca “dà conto di avere modificato il testo della email-tipo: (i) chiarendo il proprio ruolo di mandatario rispetto al titolare dei diritti; (ii) esplicitando la possibilità per il presunto trasgressore di opporsi alle pretese di Copytrack allegando, oltre a un valido titolo di licenza, anche altre giustificazioni legali; (iii) spiegando che è onere del presunto trasgressore fornire le informazioni richieste al fine di verificare la legittimità dell’uso; (iv) chiarendo la necessità di ricorrere a “local lawyer partners” in mancanza di un accordo transattivo o di licenza”.
D’ora in avanti il destinatario che si colleghera alla pagina “resolve” di Copytrack dove finora si poteva o pagare quanto richiesto o di allegare la fattura di acquisto dell’immagine, avrà la possiblità di difendersi anche allegando “altri titoli giustificativi, ovvero invocando le eccezioni e limitazioni previste dal diritto d’autore” e anche la possibilità di scrivere un breve testo per fornire informazioni o giustificazioni con riferimento all’utilizzo dell’immagine”.
Infine Copytrack ha dichiarato di valutare nel merito le motivazioni inviate dagli utenti tramite portale, a mezzo e-mail o tramite chatbox e di garantire il necessario contraddittorio con l’utente, nonché adeguata risposta.
Il parere conclusivo del Garante
Dopo aver ricevuto tali impegni il Garante dà quindi sostanzialmente via libera a Copytrack scrivendo che “gli impegni appaiono idonei in quanto hanno l’effetto di garantire ai consumatori italiani un trattamento differenziato in termini di: (a) una più accurata selezione dei destinatari delle comunicazioni del professionista; (b) una maggiore condivisione di informazioni preliminari in merito alla contestazione; (c) l’uso della lingua italiana invece della lingua inglese”.
Inoltre per il Garante, l’invio iniziale non di una “comunicazione di violazione” – “Copyright infringement” era la dicitura famigerata leggibile già nell’oggetto dell’email – ma di una “Richiesta di informazioni esplorativa/interlocutoria” costituisce “una misura idonea a consentire una drastica riduzione del numero delle pretese prive di fondatezza, evitando così di sottoporre i consumatori a inutili ‘molestie’ e ‘minacce”.
Garante- Copytrack: cosa succede adesso
Il caso dunque è chiuso? Manco per idea. Diciamo che il Garante ha concesso il primo round a Copytrack che vince così ai punti. Copytrack dovrà dimostrare di mantenere effettivamente gli impegni e quindi a inviare comunicazioni non più aggressive e perentorie oltre ogni limite, dovrà selezionare i destinatari rivolgendosi solo ai siti commerciali e lasciando perdere le persone fisiche che non svolgono attività commerciale, dovrà accettare il contraddittorio, ammettere gli usi liberi consentiti dalla legge. Non è poco, se pensiamo a come era la situazione generale solo un anno fa.
Ma comunque è solo un round. Perché se Copytrack non dovesse mantenere i suoi impegni, nessuno vieterebbe ai consumatori di ricominciare a segnalare lettere di Copytrack al sito del Garante che ricordiamo, con questo provvedimento non ha dichiarato la liceità del comportamento di Copytrack, ma si è limitato a non accertare le scorrettezze e le illegittimità, riservandosi naturalmente di poterle accertare in un secondo momento quando dovesse ravvisare, ad esmepio, il ritorno a pratiche e comportamenti non accettabili.
Perciò, anche in questo caso, se hai ricevuto lettere da Copytrack o da qualunque altra società che rispondono a quanto finora descritto, e vuoi uscirne/risolvere in modi certi, utilizza questo servizio di aiuto e consulenza.
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