Quando Berlusconi seppe che Paolo Sorrentino voleva girare un film su di lui, lo invitò ad Arcore e – dicono le cronache – fu gentilissimo e disponibile, lo invitò a proseguire nel progetto e gli disse che se avesse voluto, gli avrebbe messo a disposizione tutte le location che gli fossero servite: Arcore, Villa Certosa, Mediaset, Palazzo Grazioli, tutte le altre ville in giro per il mondo, qualsiasi cosa avesse voluto sarebbe bastato solo chiedere per ottenerla, gratuitamente, per tutto il tempo desiderato.
Pare che Sorrentino gentilmente declinò l’invito, mentre i più già vedevano e commentavano questa disponibilità come un tentativo di corruzione intellettuale, un gesto, disperato, di captatio benevolentiae nei confronti di un regista di fama internazionale.

Spero che Sorrentino riuscirà – anche se l’impresa è ardua – a fare un film sulla grandezza di Silvio Berlusconi, nel bene e nel male, rinunciando a mettere in scena il già visto, dal Caimano di Moretti, alle intercettazioni delle Olgettine, Ruby, la telefonata in questura, vicende delle quali, ormai sfiniti, sappiamo già tutto e il suo contrario.

La sfida, che mi auguro che Sorrentino abbia accettato e vinto è raccontare Berlusconi, la sua unicità, la sua enorme complessità e per farlo è ineludibile rispondere, in modo convincente, ad alcune, obbligate, domande.

Perché tutti quelli che hanno lavorato con Berlusconi in quarant’anni di carriera, ne parlano benissimo, descrivendo una specie di incrocio tra Ghandi e Einstein, con toni e accenti che spesso si riservano alle divinità o al massimo alle Grandi Personalità ormai defunte? Per soldi e per carriera, certo. Ma non basta, a certi livelli i soldi, perfino quando sono tanti, non bastano più. E anche le carriere, ormai, sono state fatte. Al contrario, oggi se ne farebbero altre e ulteriori, soltanto invertendo il registro e cominciando a dire alcune cose.

Perché uno come Marcello Dell’Utri sceglie di farsi la galera vera, malato e tutto, quando sarebbe bastato accontentare uno delle decine di pubblici ministeri che negli ultimi venti anni gli hanno chiesto di fare QUEL nome, per non entrarci, in galera nemmeno per un giorno? Perché è un mafioso? Può darsi. Però anche i mafiosi accertati, i Graviano padre e figlio, ad esempio, entrambi al 41 bis dove resteranno per sempre, mai hanno detto una parola, neppure per smentire il pentito Spatuzza che li accusava di essere soci con Berlusconi. E’ Silvio che sa scegliersi come soci solo i mafiosi giusti, come i Bontade che gli avrebbero dato i primi grossi soldi, e poi lasciandoglieli, come i Mangano che decidono di morire in galera, tutti e solo quelli che non parleranno mai? Un Berlusconi più mafioso di tutti i mafiosi?

Perché uno come Fedele Confalonieri, il suo braccio destro, discreto e riservato, mai coinvolto in nessun magheggio, considerato unanimemente persona proba e specchiata, se gli chiedete di tagliarsi un braccio per Silvio, l’unica cosa che vi risponde è se preferite il destro o il sinistro? E’ mafioso anche lui?

Perché le decine, centinaia di impiegati, collaboratori, funzionari di Mediaset e Fininvest, segretarie particolari, incaricati speciali, interrogati per anni dalle procure a caccia di prove, gente per lo più sistemata, che non lavora nemmeno più per Silvio, alcuni vivono pure all’estero e sono del tutto slegati da obblighi di fedeltà, hanno rischiato e a volte anche ricavato incriminazioni formali, ma non hanno mai detto una parola se non per dire che “il Dottore” mai ha infranto e mai infrangerebbe nessuna legge e mai ha fatto e farebbe qualcosa che non sia più che corretto e giusto?

E se non hanno parlato con i magistrati, perché non lo hanno fatto mai nemmeno con uno delle centinaia di giornalisti che in questi decenni hanno cercato disperatamente una gola profonda o almeno una tonsilla che aiutasse a vedere al di là del sipario? E mai nemmeno in forma anonima?

Perché e come Berlusconi è riuscito ad attirare a sé personalità e menti del tutto avulse da milanesità rampanti e affaristiche come Giuliano Ferrara, Maurizio Costanzo, Enrico Mentana e tanti altri, (tralascio la politica, perché, in Italia, la politica è interesse personale in primis e pure in secundis) e anche dopo che alcuni di questi hanno smesso di lavorare per Mediaset, ancora oggi, non dicono nulla che non sia o banale o lusinghiero per Silvio?

Perché in cinquant’anni di storia imprenditoriale, nessuno ha mai confermato, se non per interesse personale e giudiziario, almeno una delle mille storie atroci ipotizzate dalle procure o dalla stampa?

Perché perfino nell’unica condanna che un tribunale sia mai riuscito a comminargli definitivamente, la verità giudiziaria deve incassare la logica contraddizione di una evasione fiscale di qualche milione di euro nello stesso anno in cui le sue aziende pagano centinaia di milioni di euro al fisco?

La storia ci dice che per ogni potente alla fine un Bruto e un Cassio si trovano sempre, lo è stato per Giulio Cesare e prima ancora perfino per Socrate. Ma su Berlusconi no.

E immagino la risposta: è un uomo ricchissimo, può comprare chiunque, ha comprato chiunque. 

Ma è una risposta banale, superficiale, insincera, sarebbe come ammettere che tutti a questo mondo sono comprabili. Anche la Boccassini? Anche Travaglio?

Secondo me è questo il film che Berlusconi sperava che Sorrentino facesse, quando gli ha messo a disposizione tutto il disponibile. Un film che riuscisse a cogliere la sua straordinaria e grandiosa complessità, finalmente al di là dalle procure, dalle inchieste, dagli Emilio Fede e dai Travaglio, dalle Olgettine e dai Tarantini, dalla politica politicante e miserabile e che riuscisse a entrare davvero dentro o almeno vicino a Silvio Berlusconi, al suo mistero di uomo dalle mille vite e altrettanti innegabili e clamorosi fascini.

Di sicuro è questo il film su Berlusconi che vorrei vedere io.

Un film che risponda, finalmente, alla domanda: chi è davvero Silvio Berlusconi?
Spero di vederlo adesso al cinema.

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