Ville moderniste e brutaliste da usare per i suoi rifugi. Pezzi pregiati del design, soprattutto italiano per arredarle con stile e gusto. Una passione per un pezzo unico nella storia dell’automobilismo che è la Jaguar E-type. Diabolik è un criminale, ladro e assassino, ma è una persona che ameremmo visitare a casa sua solo per poter ammirare veri capolavori di arte e design.
Anche i fratelli Manetti, registi dell’imminente “Diabolik” al cinema, lo hanno visto così: “Una villa in stile Movimento Moderno, corrente dell’architettura del XX Secolo, tutta vetri, tetti spioventi e design, scovata sui colli bolognesi è il rifugio di Diabolik nel nostro film. E guidati dalle tavole del fumetto, l’abbiamo arredata con elementi presi dal design milanese degli anni Sessanta, che ha sfornato veri capolavori”.

Già perché fin dal primo numero, il fumetto creato da Angela e Luciana Giussani nel 1962, ha sempre risentito di quel clima e di quel respiro internazionale che attraversava Milano negli anni Sessanta e che ha interessato tanti ambiti della cultura, dalla letteratura, dall’arte, allo spettacolo, fino al design.

Milano negli anni 60 è piena di storie creative. E’ una città in pieno sviluppo e in altrettanto fermento culturale. Complice l’onda lunga del boom economico che non accenna a rallentare, girano soldi, consumi e creatività. C’è voglia di futuro, si respira aria internazionale, in città arrivano talenti da ogni dove, davanti ad alcuni bar – come il Giamaica in via Brera – si trovano e si conoscono artisti, musicisti, fotografi, attori, architetti. E nascono collaborazioni estemporanee, sperimentazioni, commistioni di generi, frutto di un desiderio di aprirsi, confrontarsi, mescolarsi per trasformarsi in un motore culturale perennemente acceso che contribuisce a fare grande Milano nel mondo, rendendola la città principale per attrarre talenti da ogni dove.

Ovunque si respira un’aria di ribellione al conformismo, di sfida a tutto ciò che è precostituito e che appare immutabile. In quegli anni Milano diventa anche la città dell’editoria. Nascono nuove case editrici e nuovi generi letterari prendono la via della carta, in libri, riviste, collane, soprattutto si assiste alla crescita del fumetto e del giallo. Tutte le settimane esce nelle edicole con enorme successo “Il Giallo Mondadori” – rinato nel dopoguerra dopo l’interruzione per motivi politici – e arrivano i Gialli Garzanti, che oltre ad assicurarsi i diritti del nuovo eroe di Sua Maestà britannica, l’agente segreto 007 di Ian Fleming, proponevano al pubblico il duro Mickey Spillane e si apprestavano a lanciare il noir milanese di Giorgio Scerbanenco. Esistevano persino “I Gialli Proibiti” di Longanesi, per non parlare delle varie collane di editori più piccoli che si inserivano nel filone.

Una di queste case editrici era l’Astoria, in piazza Cadorna, di proprietà di Gino Sansoni, imprenditore dal carattere vulcanico, sposato con una bellissima ragazza, Angela Giussani, modella della pubblicità, che dopo il matrimonio va a lavorare con il marito.
Angela lavora ai fumetti dell’Astoria, ma in testa ha tutt’altro. E’ una donna dotata di un carattere forte, con un gran senso dell’indipendenza, che ama le cose belle, frequenta mostre e musei, legge riviste internazionali, respira pieno titolo quell’aria milanese di grande curiosità e creatività. Ed è fermamente intenzionata a prendersi le proprie soddisfazioni. Del resto anche il femminismo in quegli anni comincia a manifestarsi in società e una come Angela, lo incarna perfettamente. Rivoluzionaria ante litteram, appassionata di volo, prende il brevetto per gli aerei da turismo in un’epoca in cui le donne non avevano ancora la patente per l’automobile.
Il matrimonio finisce presto e nel 1962 Angela si separa, lascia il lavoro e con la liquidazione ottenuta prende due stanze nella stessa sede dell’Astoria, con entrata dall’altro lato, quella della cucina, e fonda, in aperta polemica con il marito, la casa editrice Astorina, primo atto di una sfida editoria e imprenditoriale in pieno stile di quella Milano rivoluzionaria e creativa.

Ben presto viene raggiunta dalla sorella Luciana Giussani, che lascia il lavoro alla Folletto per dare una mano a creare questo personaggio che Angela ha in mente: un fantomatico ladro in calzamaglia nera che ruba gioielli e preziosi con tecniche e metodi avveniristici fantascientifici.
L’idea viene da un altro ladro famoso in quegli anni: Fantomas, spietato criminale dotato di intelligenza diabolica e abilissimo nei travestimenti, protagonista di una serie di 32 romanzi scritta dai francesi Marcel Allain e Pierre Souvestre.

Diabolik nasce così il 1 novembre del 1962 e da subito respira il clima di quella Milano ansiosa di novità. Anzitutto il formato tascabile del fumetto, una novità assoluta, che Angela immagina comodo per tutta quei pendolari che al pomeriggio tardi si avvia verso Stazione Nord per prendere i treni diretti in periferia e fuori Milano. Altre innovazioni saranno la “K” finale che aveva un connotato noir e che comparirà anche nei nomi di Eva Kant, dedicato al filosofo Immanuel Kant, del cui pensiero Angela rimase sempre innamorata e finanche a Ginko l’ispettore di polizia, che uscì dal nome del marito, Gino con una “K” in mezzo.
Ma soprattutto quello che anima le storie di Diabolik, oltre alle trame di furti e rapine sempre più complesse, farina del sacco di Mario Gomboli, oggi direttore dell’Astorina, sono le ambientazioni e location, sempre caratterizzate da capolavori dell’architettura e del design che si intravedono in ogni tavola del Re del Terrore, capolavori che vengono localizzati nella città immaginaria di Clerville, dove vive Diabolik, ma che in realtà vengono prelevati da grandi capolavori dell’architettura mondiale e sopratutto milanese, come il palazzo Mondadori, disegnato da Oscar Niemeyer in pieno stile simbolico e identitario che, in una storia di Diabolik, viene adibito a casinò.

Di conseguenza Diabolik non può certo abitare una casa ordinaria. Avendo necessità di disporre di una grande quantità di luoghi sicuri dove rifugiarsi dopo un colpo e dove vivere la sua vita da latitante, l’ideale sono le ville fuori mano, appartate e isolate, ma non ordinarie. E perciò i rifugi di Diabolik sono spesso capolavori dell’architettura che gli autori “rubano” ai grandi creatori dello stile architettonico del Movimento Moderno, il cui massimo esponente è l’architetto Frank Lloyd Wright la cui Casa sulla cascata è uno dei rifugi preferiti di Diabolik.


Oppure un altro capolavoro come la Maison di Louis Carrè dell’architetto Alvaro Aalto.


(YouTube)
Il tutto in una città immaginaria, quella Clerville, metropoli situata ipoteticamente in Francia ma in realtà possibile in uno dei tanti paesi dell’Unione Europea. Tutte le curiosità su questa città immaginaria, sono state svelate in Guida turistica di Clerville, che contiene ampie informazioni sulla città e sullo stato di Clerville, con precisi riferimenti alla collocazione “storica” negli albi di Diabolik con in allegato, la mappa della città e dello stato di Clerville.

A Clerville, spiega la guida, è normale incrociare una Jaguar E-type nera del ’62 senza subito pensare al Re del Terrore. In città ci sono più gioiellerie che ristoranti; più musei (specializzati in reperti preziosissimi) che palestre; più castelli (abitati da ricche e nobili famiglie) che banali condomini; più chilometri di fognature abbandonate e condotti sotterranei che di metropolitana. A Clerville l’indice di criminalità è altissimo, e non solo per merito di Diabolik. Sfogliando la guida si conosceranno tutti i luoghi, le strade, le piazze, i locali, gli edifici pubblici e privati, i laghi, i fiumi, i paesi grandi e piccoli che hanno fatto da scenario alle avventure di Diabolik.

Già, la Jaguar. Definita da Enzo Ferrari “l’auto sportiva più bella mai costruita”, la Jaguar E-Type o XKE, è stata fin dalla sua uscita l’auto più desiderata del mercato automobilistico, grazie al suo design innovativo che combinava bellezza e potenza che la fecero diventare un’auto leggendaria, una icona della sua epoca e valida ancora oggi. Naturalmente Angela Giussani non poteva farsela sfuggire e la fornisce al suo protagonista: una scelta identitaria che sarà capace di sfidare i decenni. Per questa scelta Angela ricevette una lettera dall’importatore italiano della Jaguar Koellicher, in cui la diffidava dall’usarla per Diabolik. Lei resistette e dopo qualche anno fu la stessa Jaguar a chiederle alcune tavole del fumetto per presentare un nuovo modello di macchina.
E anche il suo antagonista, Ginko, non era da meno. La sua Citroen Ds, detta comunemente “Lo Squalo” o anche “la Dea” era un’auto avveniristica la cui linea era del tutto originale e che all’epoca apportò tutta una serie di innovazioni a cominciare dalle sospensioni idropneumatiche che innalzavano l’auto all’accensione e che contribuirono a connotarla come un auto del futuro.
Ed Eva Kant? Guida ovviamente la Jaguar di Diabolik, ma inizialmente la vediamo alla guida di una Mini Morris, guarda caso la stessa Mini di Angela, in cui saliva il soggettista Mario Gomboli che si spaventava dalla guida aggressiva e veloce di Angela.
Ma la bellezza e il fascino di Diabolik non si esauriscono nel gusto per le quattro ruote. Dando una occhiata approfondita, nelle sue tavole si scorgono qua e là veri pezzi di quel design milanese diventati immortali e che sono stati di recente celebrati in una apposita mostra Diabolik Milano 1962 – La nascita di un mito.


Anche il film dei Manetti sarà l’occasione anche per rivedere pezzi celebri del design milanese di quegli anni come la lampada Kartell di Joe Colombo, la Mezzachimera di Vico Magistretti, la Taccia dei fratelli Castiglioni, la rarissima poltrona Alda di Cesare Casati ed Emanuele Ponzio.
“Diabolik sarà anche una rilettura dell’architettura modernista e del design italiano“, dicono i Manetti.
E questa è una bellezza che nessuno puo rubare. Nemmeno Diabolik.