C’era una volta, su internet, il far west delle immagini fotografiche. Chiunque avesse bisogno di una immagine per il proprio sito web, per qualsiasi utilizzo, commerciale o amatoriale, per informazione o per semplice illustrazione, risolveva il problema andando su Google Immagini e scegliendo la foto che gli pareva e piaceva, la salvava e la utilizzava come meglio credeva, con la convinzione che fosse di pubblico dominio e dunque gratuita.

Una prassi che è andata avanti per anni, e che ha impoverito il mercato delle immagini a pagamento e costretto migliaia di fotografi professionisti a cambiare mestiere: chi mai avrebbe pagato per una foto quando poteva averla gratis con un clic?

Negli ultimi anni le cose sono completamente cambiate. Come ho raccontato in questo articolo e il settore della tutela del copyright fotografico sul web ha fatto un salto di qualità e il fenomeno si è completamente ribaltato.

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Photo: Arek Socha da Pixabay

Grazie alla tecnologia, che permette tramite software estremamente sofisticati e veloci, di rintracciare immagini e evidenziarne le corrispondenze, il settore della tutela del copyright fotografico è passato dall’essere una causa persa e una fonte di danno per il fotografo derubato ad una miniera d’oro potenziale, e proprio grazie al far west delle immagini rubate.

Oramai in giro ce ne sono così tante, da anni, prese qua e là, spesso ma non sempre, scientemente trafugate in violazione dei diritti, che oggi che si possono trovare con mezzi informatici a poco prezzo, è nato un nuovo mercato: quello del “recupero del danno” a favore dei titolari dei diritti.

Le agenzie di “recupero del danno”

Conseguentemente, sono nate delle agenzie di “recupero crediti”, che offrono ai fotografi che si iscrivono ai loro servizi, diventandone clienti, il servizio di ricerca delle proprie immagini, di identificazione dei titolari dei siti che le ospitano, tramite il whois, l’anagrafica dei titolari dei siti, e del servizio legale di invio di mail di violazione (copyright infringement) con conseguenti richieste di ingenti somme di denaro.

Le prime agenzie di questo tipo nascono intorno al 2015. Ad oggi le più attive si chiamano PhotoClaim, PicRights, Copytrack, Lapixa e tutte perseguono lo stesso fine, incassare per conto dei loro clienti, per sanare (presunte) situazioni di violazione.

Per queste agenzie la mera pubblicazione di una fotografia è sempre prova inoppugnabile di una violazione di copyright, per cui o si è in grado di mostrare una licenza di acquisto – cosa spesso impossibile per immagini pubblicate anni e anni prima – oppure si è puramente e semplicemente colpevoli di violazione di copyright e dunque responsabili del pagamento e del risarcimento danni.

Non si tratta di cifre banali. Si parte da almeno trecento euro, e si può arrivare anche a cinquemila euro.

Tutela del copyright o attività di business a scopo di lucro?

Quand’è che la (giusta) tutela del copyright diventa attività a scopo di lucro con la “scusa” della tutela del copyright?

Analizziamo il comportamento di queste agenzie. Anzitutto la concomitanza di due fattori che appositamente combinati assieme hanno cambiato lo scenario e aperto un nuovo spazio di mercato.

Il primo fattore è la tecnologia. Software altamente perfomanti consentono di scovare immagini in ogni dove: web, social, documenti, pdf, slide, perfino archivi di backend, quando questi siano raggiungibili via link.

Il secondo fattore: la metodologia che sottende a qualsiasi business online. Le statistiche. Chiunque abbia una attività online sa che il cuore della monetizzazione su internet sono le statistiche e le previsioni basate su queste statistiche.

In estrema sintesi: se io mando 10 email con una qualsiasi proposta economica a dieci persone e due di queste accettano, io ho una statistica. In gergo si chiama tasso di conversione: in questo caso due su dieci il tasso di conversione è del 20%.

Di conseguenza io adesso posso ipotizzare che se due su dieci mi pagano, per farmi pagare da duecento persone devo mandare duemila email. Certo non è una scienza esatta, e a questo obiettivo devono contribuire vari altri fattori, ma il cuore del metodo è questo.

Da qui nasce una precisa idea imprenditoriale: il perseguimento automatizzato della violazione del copyright su base massiva, ovvero su una previsione di introito basato sulle statistiche.

I presupposti sono:

  1. Procurarmi sempre più “clienti” ovvero fotografi che conferiscono immagini, quando non interi archivi “dormienti” cioè improduttivi che contengono di tutto, clienti ai quali prometto di consentirgli di monetizzare le loro immagini (“finalmente potrai farti pagare dai ladri di foto” è la loro “promessa/soddisfazione di un bisogno”, elemento fondamentale di un business online).
  2. Organizzarmi per identificare i possessori delle immagini trovate ai quali inviare email, tutte uguali, e in modo automatico, intimando loro di pagare entro pochi giorni.
  3. Fissare prezzi standard delle violazioni, per rispettare previsioni di incasso, basate sulle statistiche.

Dove nasce il problema? E’ che la tutela del copyright non è un ecommerce dove si vendono scarpe da ginnastica. La rivendicazione di un diritto presuppone regole chiare e tassative: bisogna fare delle valutazioni, sul tipo di foto, sull’uso della foto, sul tipo di media, sullo scopo, sull’effettiva sussistenza di un danno. Questo nel merito.

C’è poi la forma. Una rivendicazione di un diritto, presuppone formalità precise: una raccomandata, o una pec, la dimostrazione dell’effettiva titolarità ad agire, la valutazione del prezzo richiesto, che ovviamente varia da caso a caso, la sussistenza dell’effettivo danno.

In ogni caso la comunicazione tra presunto violatore e presunto violato è sempre una comunicazione one-to-one (ogni caso è sempre diverso da un altro). Questa attività di rivendicazione massiva, invece ha una forma di comunicazione one-to-many, come nel caso delle scarpe da ginnastica. Ma il diritto non è un ecommerce.

Tutte le regole poste a fondamento dal diritto europeo, vengono bypassate da queste agenzie che ovviamente non possono mettersi a fare i necessari distinguo altrimenti ne andrebbe di quella che è a tutti gli effetti una attività imprenditoriale online.

Un’attività imprenditoriale che vive sull’allargamento continuo della base (le email da inviare) che deve costantemente aumentare. Di conseguenza queste agenzie hanno interesse a inviare quante più email possibili, con tanti saluti al diritto e alle sue prescrizioni.

Il diritto Frankenstein

Per avvalorare le loro pretese, queste agenzie si rifanno a singoli pezzi di normative, dalle quali prelevano solo quello che serve alle loro tesi, buttando via tutto il resto.

Ad esempio: le fotografie sono sempre di qualcuno? Prendiamolo. Esiste la buona fede di chi pubblica le immagini? Quale ordinamento la esclude? Quello tedesco? Prendiamo il tedesco. Il metodo di calcolo dell’illecita pubblicazione? Prendiamo la tabella che si usa nel diritto tedesco. È possibile derogare al principio della giurisdizione competente nel paese del convenuto? Si, c’è una sentenza della Corte di giustizia europea, che con qualche forzatura, ci apre una strada diversa e ci consente di poter minacciare cause da un paese diverso. Perfetto, utilizziamo quella. E pazienza se quella sentenza si riferiva a tutt’altro tipo di illeciti di copyright, quelli misurabili: non esclude le fotografie online, quindi utilizziamola.

E così il destinatario di queste email, si vede arrivare due, tre pagine di normative e sentenze in vari paesi europei che solo ad analizzarle ci vorrebbero mesi, peccato che loro pretendano il pagamento in pochi giorni.

Un avvocato con cui ho parlato di questo fenomeno mi ha detto: è come se io invece di fare un decreto ingiuntivo di diecimila euro, minacciassi di farne dieci da mille euro ciascuno, al solo scopo di far pagare più spese al destinatario del decreto e per convincerlo a pagare adesso.

I metodi di calcolo del costo delle foto

Ogni agenzia stabilisce, del tutto unilateralmente, i prezzi da pagare per le immagini.

Alcune semplicemente stabilendo che il costo è X senza alcun riferimento al metodo di calcolo.

Altri, utilizzano la tabella MFM redatta dai fotografi di marketing tedesco, e spesso utilizzata dai giudici tedeschi per quantificare i costi, all’interno di procedimenti giudiziari.

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Tabella MFM presa dal sito di Photoclaim

C’è poi la questione di sommare costi a costi. Ad alcune agenzie non basta supervalutare il danno, ci devono aggiungere voci di costo oscure e incomprensibili.

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Fotografi professionisti, archivi, e chi altro?

Fotografi professionisti, titolari di diritti di immagine, come editori o negozi online, ma anche fotografi dilettanti possono registrarsi in una di queste agenzie, diventandone clienti e depositare lì materiale fotografico, dichiarandone di esserne i legittimi titolari.

Questi sono i soggetti che le agenzie di copyright dicono di rappresentare. Ma quali sono i requisiti per accedere a queste agenzie. Bisogna dimostrare di essere dei professionisti, di vivere di questo lavoro, bisogna magari dimostrare di avere una partita iva e pagare le tasse?

L’ho chiesto a Daria Trinkaus di Photoclaim è questa è stata la risposta:

Quasi tutti i nostri clienti sono fotografi professionisti o coloro che vogliono diventarlo.

In pratica, ci si può infilare chiunque. Approfittando della normativa che stabilisce sempre un proprietario e un avente diritto per ogni immagine, da oggi posso pensare di monetizzare qualunque mia immagine trovata in rete, semplicemente inscrivendomi ad una di queste agenzie.

Perseguire anziché proteggere. I troll del copyright

Anni orsono negli Stati Uniti d’America, è nato e si è sviluppato un fenomeno analogo, denominato dei “Troll del Copyright” diffuso al punto da meritare una voce su Wikipedia e che – sintetizzando al massimo consisteva in vere e proprie attività persecutorie finalizzate all’estorcere quanto più denaro possibile, utilizzando la motivazione della tutela del copyright come mera copertura, e abusando delle norme che regolano questa tutela.

In pratica si definisce troll del Copyright colui che, “dopo aver acquistato diritti di sfruttamento limitati su opere protette, in realtà non li sfrutta, ma si limita a chiedere il risarcimento del danno alle persone che violano tali diritti” (definizione dell’Avvocato Generale della Corte di Giustizia, 2020). Il fenomeno è definito anche da Wikipedia

La rivista legale Iowa Law Review, della Iowa University, in questo articolo “Una difesa contro le arti oscure del copyright trolling” specifica meglio il fenomeno aggiungendo particolari e dettagli perché si possa parlare di Trolling del copyright.

Quando, ad esempio le violazioni sono “basate su memorie scarsamente comprovate“, “indirizzate indiscriminatamente ai non trasgressori e ai trasgressori“, al fine di “generare un elenco di obiettivi a cui contestare violazioni che molto probabilmente non resisterebbero ad un esame del contenzioso in oggetto in un regolare tribunale“.

I troll del copyright riguardavano casi di violazione del diritto d’autore sulle reti peer-to-peer, (file torrent), ma le somiglianze con l’operato di queste agenzie sono molteplici e notevoli. E forse è il caso di ampliare il parterre di soggetti che lo praticano.

Se ricevete una mail di questo tipo, il consiglio è quello di rivolgervi ad un legale di fiducia, per un necessario esame delle richieste, delle eventuali minacce di cause legali, e una valutazione della fondatezza delle tesi dell’agenzia. Per chi avesse difficoltà a reperire un avvocato di fiducia, può utilizzare il servizio che si trova su questa pagina.

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