“Come farei uscire di scena Montalbano? Amo molto una frase che Franco Califano ha fatto scrivere sulla sua lapide e che mi piacerebbe che dicesse anche il commissario Montalbano quando uscirà di scena: “non escludo il ritorno”.

Salvatore De Mola, nato a Bari nel 1967, David di Donatello nel 2017, ha sceneggiato assieme a Francesco Bruni e Leonardo Marini, tutte le puntate delle otto serie tv sul commissario più amato dagli italiani. A lui che lo conosce bene, abbiamo chiesto di raccontarci non tanto i motivi del suo successo, quanto le sue sensazioni ed opinioni su questo straordinario personaggio letterario e televisivo e, tanto per evitare le agiografie, partiamo dai difetti del commissario che proprio non vanno giù al suo sceneggiatore.
Di Montalbano non sopporto proprio una cosa. Il fatto che non parli mentre mangia. Lo trovo un atteggiamento troppo rude, oltre al fatto di contraddire completamente uno degli elementi che più contraddistinguono noi italiani: il piacere di stare a tavola, la convivialità, lo scambio di idee mentre si assaggia questo o quel cibo che narrativamente è anche un ottimo momento per lo sceneggiatore per far passare informazioni, raccontare elementi dei personaggi o far succedere colpi di scena. La tradizione cinematografica italiana è piena di pranzi e cene. Invece nel caso di Montalbano, siamo costretti a prevedere il commissario che si siede e che avvisa il suo interlocutore che lui, no, a tavola non parla, quindi, siamo costretti a staccare e passare alla scena seguente. Quando Montalbano mangia, la storia si ferma.
Altri difetti?
Va be’ a parte l’automobile che usa, che non si può vedere, certe sue fisse: l’odio per la tecnologia, e certe fisime per alcuni suoi interlocutori, come il collega della scientifica Jacomuzzi che lui tratta con incredibile supponenza, dall’altro in basso. Invece di sforzarsi di apprendere tecniche e metodi di indagine che gli sarebbero utili, si mette a fare “tiatro”, come direbbe Camilleri.

Mentre invece le caratteristiche che te lo fanno amare?
La sua umanità, senz’altro la caratteristica vincente. Il suo essere saldo nei principi ma non rigido, e quindi bacchettone o incapace di valutare le circostanze nella loro soggettività, ma aperto alla comprensione, alla valutazione del momento. per cui può capitare che passi oltre certe regole e obbedienze formali per concentrarsi sulla sostanza e andare al risultato. Montalbano mette in ordine il caos del mondo, pur non essendo fissato con l’ordine. E poi altre caratteristiche, che gli donano un contrasto e ne fanno un personaggio vero: non è sposato ma è fedele alla sua compagna. Nella Vampa d’Agosto, Montalbano tradisce Livia e ricordo che tra i telespettatori scoppiò una sorta di rivolta, ma alla fine anche questo tradimento lo ha reso ancora più vero, più umano. Ma se dovessi scegliere una sua caratteristica che mi piace, direi l’imprevedibilità: pur conoscendolo a fondo, non sai mai come reagirà. Ecco, la sua imprevedibilità mi affascina e mi stimola.
Come hai conosciuto Moltalbano?
Erano i primi anni duemila. Francesco Bruni che conoscevo, aveva avuto l’incarico di sceneggiare le prime puntate della fiction, ma era molto impegnato, scriveva con Virzì e con altri e mi chiese di dargli una mano. Mentre mi applicavo alle prime puntate, lessi gli altri romanzi di Camilleri e scoprii questo mondo straordinario, enormemente vasto come umanità ma ristretto in un piccolo spazio costituito da piccoli paesi immaginari che evocavano tante emozioni, tante possibilità di racconto. Poi abbiamo incontrato Camilleri varie volte e ricordo che lui è stato un custode formidabile del suo personaggio, che conosceva perfettamente e di cui ammetteva o negava azioni e reazioni con una sicurezza incredibile. Come se fosse un suo parente.
Montalbano e il suo mondo, i personaggi, l’ambientazione, sono fortemente delimitate, definite, dal suo creatore. Per voi sceneggiatori è un limite o riuscite a spingervi oltre, conferendo al personaggio ulteriori elementi?
Il Montalbano classico, quello adulto, è ampiamente definito e noi cerchiamo solo di renderlo autentico nel viaggio non facile dalla pagina allo schermo. Anche sull’ambientazione, la visione di Camilleri è molto precisa. Lui desidera una Vigàta vuota, con grandi spazi liberi, con pochissime persone, come in un quadro di De Chirico. Ogni volta che giriamo ci sono file di persone che ci supplicano di fare le comparse sullo sfondo, anche gratis e siamo costretti a dire di no. Sulla serie del Giovane Montalbano invece abbiamo avuto più libertà, abbiamo potuto tratteggiare il personaggio avendo come riferimento solo il Montalbano adulto, ed è stato un bell’esercizio di immaginazione, un viaggio a ritroso nel tempo alla ricerca del personaggio originale nelle sue caratteristiche ancora non definite. Molto stimolante.

E veniamo ai giorni nostri. Con la morte di Camilleri, è ritornato d’attualità il famoso “ultimo romanzo di Montalbano”, in cui il commissario uscirà di scena, definitivamente. Di tutta questa storia si sa solo che il romanzo è già stato scritto, da più di dieci anni, che il titolo sarebbe Riccardino, e che ci sarebbe addirittura un incontro tra il Montalbano commissario e il Montalbano attore che interpreta il commissario in tv, come abbiamo raccontato in questo pezzo. Ammesso che le informazioni siano esatte, se dovesse atterrare sulla tua scrivania un romanzo così concepito, come pensi di poterlo tradurre in immagini?
Posso dire solo una frase: sono c…avoli. Da quello che mi dici, si tratterebbe di un metaromanzo, nel quale sia l’autore, sia la serie tv entrano dentro la storia e dove ci sarebbero due Montalbano, il commissario e l’attore che lo interpreta. Come facciamo a renderlo sullo schermo? Luca Zingaretti fa Montalbano e fa anche l’attore che lo interpreta? E Camilleri che non c’è più, chi lo interpreta? C’è da scervellarsi, onestamente, ora come ora non avrei la più pallida idea su come farlo.
Camilleri comunque ha detto che “il commissario uscirà di scena come esce di scena un personaggio letterario”. Sapendo solo questo, come lo metteresti in scena?
Come un personaggio letterario, appunto. La macchina da presa entra in commissariato, ma Montalbano non c’è. Nel suo ufficio c’è un altro commissario, magari si chiama Franchetti. E Montalbano? Non c’è. E nessuno sa dov’è finito. E’ andato via. E nessuno sa nient’altro. E’ andato. Fine. Sappiamo solo una ultima frase che qualcuno gli ha sentito dire l’ultima volta che l’ha visto. Diceva: “non escludo il ritorno”.