Tutto si può dire di Chiara Ferragni, tranne che non abbia un grande talento. Lei ha un chiaro, evidente, innegabile talento nel monetizzare se stessa in un modo che probabilmente ha pochi eguali al mondo.

In questo video di scuse, oggi su tutti i giornali, non lo linko per non contribuire eccessivamente, la Chiara Addolorata Vergine e Martire, rotta dall’emozione e dal dolore di “aver commesso uno sbaglio”, annuncia che devolverà un milione di euro all’ospedale Regina Margherita; che farà ricorso contro una multa che ritiene “sproporzionata”; che se otterrà uno sconto (vero obiettivo del ricorso), lo aggiungerà all’importo che avrà nel frattempo donato.

Mei cojoni, si dice a Roma.

Il tutto ce lo dice naturalmente su Instagram, in lacrime (il dolore del bonifico in uscita inatteso provoca dolori lancinanti, lo sanno tutti), con uno strepitoso look fashion-penitente, senza trucco – o meglio, truccata in modo da sembrare senza trucco – e, per meglio immedesimarsi col popolo, vestita come una gattara che sta scendendo in ciavatte per dar da mangiare ai gatti del quartiere, pronta a baccajare con condomini inferociti.

Nel video di scuse si intravede la rabbia per quello che è successo, per il destro, formidabile, fornito a tutti i suoi haters e a chi reputa la signora un mero prodotto social dei nostri tempi, in cui l’apparenza crea il fatturato e il fatturato accresce l’apparenza (e i cachet faraonici), mentre nelle retrovie di questa azienda del “bene” e dei “valori” perennemente declamati non senza più di qualche problema di coerenza, buone cronache e qualche documentario letto tra le righe, lasciano intravedere scenari di lotta e violenza affaristica tipicamente milanese, dove non si fanno prigionieri e i “valori” rinvenibili e rilevabili paiono solo quelli dell’estratto conto, con annesse isterie se inferiori alle attese, se qualcosa va storto, o anche rischia soltanto di andare storto con conseguente caccia al colpevole, in stile Hunger Games.

Tutto questo è evidente dallo stesso video. Incapace di non monetizzare attività che prevedano l’esibizione di se stessa in video, la signora Ferragni ci informa che di questa donazione in beneficienza, naturalmente, ci sarà traccia video social.

“Sarete informati di ogni passaggio”, ci preavvisa, il che significa che ogni pretesto sarà buono per un video della Martire Sofferente: dalle tappe del Calvario preparatorio del bonifico in uscita, quanti zeri, in quali giorni, che tempo faceva il giorno dell’Avvento, fino alla destinazione finale del bonifico: cosa, quando, dove, come, con un calendario social serrato e lunghissimo, forse anche un milione di post, il che ci fa temere per la serenità dell’ospedale beneficiario che speriamo non dovrà mai pentirsi.

Nessuna novità. Nel linguaggio aziendale si chiama “branding”, ovvero aumentare la reputazione del marchio, assolutamente indispensabile durante una crisi come questa con Balocco, per cui la beneficienza annunciata, sarà anche cheap e cafona, ma in questo caso è assolutamente vitale per il brand, specie nel pubblico di riferimento, per cui va bene investire un milione per non rischiare di perderne dieci.

Ma se l’operazione ha un senso e un’urgenza perfettamente condivisibili, sono le modalità della stessa che sono da standing ovation. Un milione di euro è la stessa cifra che Ferragni ha percepito da Balocco per la rovinosa operazione di sponsorizzazione che al cliente dei panettoni ha causato una multa dall’Antistrust di 420 mila euro e una catastrofe di immagine difficilmente calcolabile.

Nelle email che sono uscite allo scoppiare del caso, si legge chiaramente che l’azienda dei panettoni aveva più volte segnalato che era sbagliato legare le vendite del pandoro griffato Ferragni all’acquisto di un macchinario per l’ospedale Regina Marcherita, in quanto l’operazione benefica (50 mila euro a fronte di un milione percepito da Ferragni per la sua sponsorizzazione) era scorretto e aveva grandi possibilità di costituire pubblicità ingannevole.

Risposta dello staff della Vergine Addolorata? “I contenuti sono di nostra esclusiva competenza e sono decisi dalla signora Ferragni”.

Oggi Ferragni ammette di avere sbagliato, si scusa con tutti, ma non con il cliente al quale ha causato danni enormi, e per tutelare il suo brand legato proprio a valori solidali che rischia una tranvata in piena faccia, prende la somma che ha percepito dal cliente e lo dà in “beneficienza” che, come tutte le beneficienze, è deducibile dalle tasse.

Chapeau: giovani studenti manager della Bocconi, prendete appunti.

Insomma, la solita minestra “monetizzatoria” ma cucinata come sempre con grande stile e competenza, dimostrando che sui social uno su mille ce la fa, ma quest’ultimo, alla Ferragni, le può solo spicciare casa (tra l’altro immensa, son cazzi).

Nelle retrovie intanto si trema. In un passaggio del video lei dice: “Mi dispiace non aver vigilato”. E dato che nelle email dell’affair Balocco, dovunque si dice che “l’ultima parola” spetta alla “signora Ferragni”, se ne deduce che l’errore l’ha commesso lei.

Ma non vigilare non significa ammettere una propria diretta colpa. Non vigilare significa non essersi accorti che qualcun altro ha fatto la cazzata. O almeno così deve passare, anche perché la Titolare non si tocca, ovviamente.

Qualcuno quindi pagherà, e non solo col licenziamento. Se tanto mi dà tanto, visto il clima generale della factory Ferragni, potrebbe essere come nel film dei Blues Brothers: “La violenza anche non necessaria nei confronti del Capro Espiatorio della ‘signora Ferragni’ è ammessa e autorizzata”.

A questo sconosciuto/sconosciuta, va tutta la mia solidarietà e gli auguri di un prossimo Buon Natale, che questo purtroppo è andato.