Non è un sasso nello stagno. È un vero e proprio macigno quello che si abbatte sul fenomeno degli avvisi di copyright inviati per email a decine, forse centinaia di migliaia di persone in tutto il mondo.

Ieri, 3 ottobre 2022, l‘Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato, autorità di garanzia che sorveglia sulla correttezza e la legalità di tutte le procedure commerciali, e che ha il compito di condannare e sanzionare le attività considerate illegittime, dannose ed illegali che violano i diritti dei consumatori, si è pronunciata sul fenomeno degli Avvisi massivi di copyright, individuando il bersaglio più grosso. Photoclaim.

Nel provvedimento l’Autorità ha reso noto di aver sanzionato l’avvocato Fechner e la società Photoclaim e soprattutto di aver dichiarato illegali gli avvisi inviati in Italia, intimandogli di cessare immediatamente le attività su tutto il territorio del nostro Paese.

L’Autority ha anche multato Photoclaim per 35 mila euro e l’avvocato Fechner per 10 mila euro “da versare tramite bonifico bancario sul conto corrente dell’Authority” (dettaglio simbolico che le vittime reali e quelle scampate all’avvocato tedesco, troveranno divertente).

Non solo: Photoclaim è stata condannata anche per “omessa vigilanza” sulle condotte professionali dell’avvocato Fechner, giudicate non conformi “all’elevato grado di diligenza esigibile da professionisti del settore della tutela legale dei diritti d’autore online”.

Una Caporetto (anzi è più appropriato una “Norimberga” per meglio farsi capire dall’avvocato) per il sistema Fechner-Photoclaim.

Il provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del Mercato contro Fechner-Photoclaim
Scarica il testo qui: https://www.agcm.it/dotcmsdoc/bollettini/2022/35-22.pdf

Fechner-Photoclaim-Autorità Garante: cosa è successo

È successo in pratica quello che tutti gli avvocati che ho intervistato si erano augurati che succedesse: di fronte a tutto il castello composto da sentenze, leggi, regolamenti, e tutta la giungla normativa europea che Fechner poneva alla base delle sue richieste, impossibili da decifrare, contestualizzare, ridimensionare, se non dopo una colossale istruttoria, era assolutamente necessario, per controbattere che si creasse un precedente, ad esempio una sentenza a favore, per poter cominciare a creare una narrazione giuridica contraria sul copyright, sulle fotografie online, e su come si tutelano e commercializzano.

Questo precedente, se non fosse stato una sentenza, poteva ben essere una nuova legge o una autorità statale competente che esaminasse il fenomeno e distinguendo il lecito da quello che non lo è. Insomma bisognava avere qualcosa in mano, un contro-argomento per confutare quello che dalla loro parte invece, passava benissimo come comunicazione: “hai rubato una foto? Paga”. Chi poteva dirsi contrario, all’apparenza? I ladri vanno in galera, ovviamente. Ma le cose non stanno così. Chi ha una foto di qualcun altro non è necessariamente un ladro.

Ora questo precedente, c’è, e lo ha creato l’Autorità Garante per la Concorrenza e il mercato italiana. Primo precedente a livello mondiale, a quanto mi risulta.

Cosa cambia con il provvedimento dell’Autorità

Dal lato Photoclaim-Fechner il provvedimento impone loro di chiudere bottega in Italia, almeno nelle forme e nei modi utilizzati finora. Per quanto riguarda invece le altre agenzie, PicRights, Copytrack e altre, non cambia nulla, ma chi si opponeva a questo fenomeno ora ha, quanto meno dal lato commerciale, un argomento da opporre a chi frettolosamente, rivendica per una qualsivoglia foto una violazione di copyright sic et stantibus, cosa che invece va provata, soprattutto se il sistema che la invia fa presagire che si tratti di una attività di spedizione massiva, pretendendo cifre sproporzionate e soprattutto stabilite unilateralmente.

Il problema del copyright in una società online

Questo almeno per ora, e in attesa di un analoga pronuncia giuridica nel merito della questione copyright internazionale nell’era di internet e dei social media, questione che resta urgente, in quanto non è pensabile ipotizzare che per ogni foto immessa su un qualsiasi media, miliardi di immagini immesse ogni secondo, possa esistere una questione di violazione di copyright da rivendicare e un risarcimento di un danno da pretendere.

Cosa dice l’Autorità su Photoclaim e Fechner

La dichiarazione “Cessate e desistete” inviata da Fechner, una vera e propria trappola per la persona che la firmava.

Entriamo nel merito del provvedimento emesso ieri. Nel condannare il sistema Fechner-Photoclaim l’Autorità afferma: “le richieste di pagamento inviate dall’avv. Fechner, per conto di Photoclaim, non appaiono conformi all’elevato grado di diligenza esigibile da professionisti del settore della tutela legale dei diritti d’autore on line e risultano idonee a limitare considerevolmente la libertà di scelta delle micro-imprese destinatarie e a indurle ad assumere decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbeeo preso. Tali condotte integrano dunque una pratica commerciale scorretta, in violazione degli artt. 20, comma 2, 24 e 25, del Codice del Consumo“.

In questa affermazione ci sono due livelli di censura: il primo è rivolto all’avvocato Fechner, laddove si legge: “non appaiono conformi [le richieste] all’elevato grado di diligenza esigibile da professionisti del settore della tutela legale dei diritti d’autore on line.

Quello che nel mio piccolo ho rilevato anch’io quando mi chiedevo che fine avesse potuto fare la deontologia forense in un avvocato che invia – o lascia inviare, anche questo è un punto che andrà successivamente chiarito, visto che abbiamo già fornito la prova nell’articolo che ha dato il via all’inchiesta, che le email partissero da Varsavia e non da Berlino – tonnellate di email tutte uguali, salvo che per l’indicazione del prezzo, in ogni paese dell’Unione Europea.

L’altro livello di censura è riferito alla sostanza delle lettere, scritte appositamente per trarre in inganno i consumatori/destinatari:risultano idonee [le lettere] a limitare considerevolmente la libertà di scelta delle micro-imprese destinatarie e a indurle ad assumere decisioni di natura commerciale che altrimenti non avrebbero preso”.

Il sistema Fechner-Photoclaim

Frammento di un avviso di copyright inviato dall’avvocato Fechner

Ed è esattamente questo il cuore del sistema Fechner-Photoclaim: affastellare una montagna di (sedicenti) precedenti sentenze giuridiche a loro favore, scritte in tutte le lingue (e dunque impossibili da verificare), tirare in ballo la compentenza giurisdizionale tedesca, chiedere la firma di un documento di cease and desist (dove si ammette la colpa), tutto ciò ammucchiato, al solo e unico fine di spaventare la vittima, approfittando della ovvia non conoscenza della sterminata normativa in questione, inducendola a pagare.

Una volta che una condotta del genere sarà approdata in un tribunale, sapremo anche se questa condotta oltre che a una pratica commerciale scorretta, costituisce anche reato e di che reato si tratta.

Come nasce questa decisione

La decisione dell’Autorità è l’atto conclusivo di una instruttoria iniziata a gennaio di quest’anno, in seguito ad una segnalazione da parte di una azienda che aveva ricevuto l’avviso di copyright, aveva deciso di pagare (tremila euro) e nonostante ciò si era vista recapitare una successiva nuova contestazione da parte di Fechner-Photoclaim, per violazione del cease and desist, il documento-trappola che avevo esaminato e di cui ho parlato in questo articolo, per altri seimila euro. La società aveva raggiunto una transazione per mille euro e aveva pagato, trasmettendo però una segnalazione all’Autorità.

L’istruttoria dell’Autorità

In seguito alla segnalazione l’Authorità ha iniziato una istruttoria formale, avvisando Fechner e Photoclaim – con formale richiesta tradotta in tedesco e polacco e a loro trasmessa tramite le ambasciate d’Italia in Germania e Polonia – invitandoli a fornire i necessari chiarimenti e a presentare relativa documentazione.

Frammento del provvedimento dell’Autorità Garante della Concorrenza e del mercato

Cosa che sia Photoclaim che Fechner compiono con una certa riluttanza, facendo scadere più volte i termini dell’invio dei documenti, e rendendo palese il disagio con cui accolgono per la prima volta una formale contestazione di legalità del loro operato, dopo che per anni hanno inviato contestazioni a migliaia di soggetti, facendo sfoggio di diritto e di legalità, oltre a costruirsi l’immagine di Robin Hood dei fotografi (al contrario però, come si dimostra più avanti).

Photoclaim e Fechner cercano di rallentare il procedimento il più possibile. E come c’è da aspettarsi, di fronte ai rilievi dell’Autorità, “la premiata ditta” le tenta tutte: fa eccezione di competenza, di applicabilità della normativa, di violazione dei diritti della difesa, chiedono proroghe su proroghe e alla fine, presentano delle memorie difensive dalle quali molte cose si confermano e alcune si apprendono nella loro entità.

I sistema Photoclaim: le percentuali esose e le spese legali da dividere a metà

Si apprende ad esempio quanto percepissero “i difensori dei fotografi” per ogni foto monetizzata a caro prezzo. Il margine di guadagno per ogni fotografia addebitata è pari a una percentuale “tra il 35 e il 45%”, mentre le ingentissime spese legali venivano divise a metà tra Fechner e Photoclaim.

Insomma, i Robin Hood sono molto costosi, e hanno quindi la necessità di supervalutare ed estremizzare i danni richiesti, per massimizzare il lucro. Il loro.

A precisa contestazione su quanto avessero incassato in Italia dal sistema messo in atto, hanno dichiarato rispettivamente “undicimila euro” Fechner e “trentacinquemila euro” Photoclaim.

Cosa stabilisce l’Autorità

In sostanza l’Autorità statuisce la completa “illiceità dei comportamenti posti in essere da Fechner e Photoclaim in relazione alla tutela di asserite violazioni dei diritti d’autore e dei diritti connessi causate dall’indebita utilizzazione on line di fotografie protette“.

Cosa risulta da questi comportamenti? “Dalle risultanze istruttorie emerge che l’avv. Fechner e Photoclaim hanno effettuato un invio massivo di pressanti richieste di risarcimento standardizzate per la violazione di diritti morali e patrimoniali d’autore sulle fotografie, contenenti minacce di costose azioni legali davanti alla giustizia tedesca e finalizzate alla conclusione di onerose transazioni“.

“Interpretazione strumentale di norme processuali”

L’Autorità poi arriva al cuore del sistema: la malafede e l’intenzione di trarre in inganno i consumatori. “I contenuti e le modalità con cui sono formulate le richieste in questione sono volte ad indurre i destinatari ad aderire all’onerosa transazione proposta nel timore di esporsi a maggiori spese per una contestazione non adeguatamente circostanziata, in una giurisdizione straniera. Essi risultano contrari alla diligenza professionale e idonei a condizionarne la libertà di scelta, anche tramite un’interpretazione strumentale delle norme sostanziali e processuali sui diritti d’autore e sui diritti connessi“.

Censure anche sui presupposti necessari di legge per avanzare rivendicazioni di copyright “A tale riguardo rilevano il carattere pressante e perentorio delle richieste di pagamento non accompagnate dal mandato del titolare dei diritti sulle fotografie né dalla prova della titolarità delle fotografie contestate e della sussistenza delle condizioni di tutela come opera fotografica o fotografia semplice“.

Il Cease and desist è un “indebito condizionamento”

Non poteva mancare una censura sul Cease and desist, documento visto come un “indebito condizionamento delle imprese” che impone loro “un’ammissione di responsabilità e l’adesione a clausole che determinano un significativo squilibrio degli obblighi contrattuali a carico, prevedendo una penale di importo manifestamente eccessivo, il riferimento alle tabelle MFM utilizzate in Germania, nonché l’applicazione della legge e della giurisdizione tedesca, senza adeguatamente chiarire i requisiti che questa prescrive per la cessazione della asserita violazione“.

Le somme richieste “sproporzionate e non circostanziate”

E infine ecco la censura per le somme richieste per le asserite violazioni: “le richieste di pagamento appaiono sproporzionate, non essendo definite secondo criteri oggettivi, riferiti ai singoli casi (ad esempio natura di opera fotografica o fotografia semplice dell’immagine, mezzo di diffusione, profitti ottenuti e dimensioni economiche del danneggiante e debitamente documentati. Inoltre, la quantificazione delle somme richieste potrebbe risentire delle percentuali percepite dai professionisti sulle somme corrisposte dalle micro-imprese a titolo di risarcimento danni e spese legali“.

Traduzione dell’ultimo passaggio: chiedete somme simili perché la vostra è una attività a scopo di (elevato) lucro, che con la tutela del copyright non c’entra una beneamata.

Le conseguenze del provvedimento dell’Autorità

Non vedremo mai più lettere di Fechner-Photoclaim girare sul territorio italiano. La disposizione dell’Autorità è chiara: “la pratica commerciale posta in essere dall’avv. Robert Fechner e dalla società Photoclaim, costituisce, per le ragioni e nei limiti esposti in motivazione, una pratica commerciale scorretta, ai sensi degli artt. 20, comma 2, 24 e 25, del Codice del Consumo, e ne vieta la diffusione o continuazione“.

Le sanzioni

Le sanzioni comminate dall’Autorità sono proporzionate alla dimensione economica del soggetto della società coinvolta. L’Autorità ha deciso di seguire strettamente questo criterio.

“Photoclaim, nella memoria del 9 settembre 2022, ha dichiarato di aver realizzato nel 2021 un fatturato di oltre 40.000 euro riguardo alle vertenze con soggetti residenti in Italia, pari al 7% del fatturato globale per il 2021. L’avv. Fechner, nella memoria del 9 settembre 2022, ha dichiarato di aver realizzato nel 2021 rispetto a soggetti italiani un fatturato di oltre 11.000 euro, pari al 4,96% di quello totale”.

In una sorta di “Ridateci tutti i soldi che vi abbiamo ingiustamente dato”, l’Autorità ha ritenuto di irrogare sanzioni pari al fatturato conseguito dai due soggetti in Italia e di conseguenza l’avvocato Fechner è stato condannato a pagare undicimila euro e Photoclaim 35 mila euro.

Infine un accenno alla condotta dell’avvocato Fechner: Photoclaim è stata condannata anche per “culpa in vigilando” massima giuridica latina che indica in chi non controlla liceità, diligenza, perizia nelle azioni che mette in essere un proprio rappresentante.

E credo proprio che dopo questa sentenza, qualcuno che chiederà all’ordine degli avvocati tedeschi un parere sulla condotta di Fechner si troverà sicuramente.

Ovviamente i soggetti sanzionati da questo provvedimento potranno fare ricorso davanti al Tar. Ma lo faranno? Io credo di no e accetto scommesse.

Fechner-Photoclaim in conclusione

Il femomeno definito dei troll del copyright, dopo il suo esordio ai primi degli anni Duemila negli Stati Uniti e finito poi con una raffica di condanne, ha preso poi vita qui in Europa a partire dal 2019/2020 con le società di copyright che grazie ai software hanno visto la possibilità di creare un nuovo mercato.

Queste società hanno convinto fotografi ad iscriversi ai loro servizi promettendo che avrebbero dato la caccia ai ladri e che gli avrebbero fatto avere i soldi che gli avevano rubato.

Altre società hanno convinto agenzie fotogiornalistiche di primaria importanza come France Presse, Associated press e altri a dargli tutto l’archivio in gestione che loro avrebbero monetizzato.

Ecco, a mio parere è proprio qua l’equivoco che rende questa attività impossibile da praticare.

La tutela del copyright non può essere una attività di monetizzazione delle immagini. Sono due cose diverse. Non possono stare assieme. Andare da un pensionato che cura un blog sulla Gallura e chiedergli trecento euro per una immagine di una frana, è un tentativo di vendere un immagine a posteriori che nulla ha a che vedere con il copyright.

E utilizzare la normativa sul copyright per spaventare le persone facendo credere o ventilare l’ipotesi che si sta lì lì per andare in tribunale – mentre chi lo minaccia si sa benissimo che non si farà perché il giudice investito di un caso simile potrebbe anche reagire male – è sbagliato e scorretto, per non dire altro.

Il copyright e la sua tutela non funzionano così. Un conto è il diritto ad avere la firma sulla foto, una questione ovvia: una foto è sempre di qualcuno.

Tutt’altro paio di maniche è stabilire il valore di una foto, pubblicata in un certo luogo.

E ancora tutt’altro paio di maniche è calcolare un danno, causato dalla pubblicazione di una foto, in un certo luogo.

A quest’ultima obiezione, qualcun altro avrà risposto alla romana, anche se si era a Berlino o a Varsavia: “Ma che ce frega, famo casino, quanno ce smentiscono?”.

In effetti c’è voluto tempo. E ancora ce ne vorrà. Perché se Photoclaim e Fechner sono una partita chiusa, almeno dal punto di vista di questo metodo, restano aperte le partite Pic Rights, Copytrack, e tanti altri. Nessuno di loro è spregiudicato come Fechner-Photoclaim, ma che ne ricalcano comunque i modi: il copyright lo decidiamo noi e basta.

Per fortuna oggi qualcuno ha detto che non è così.

Ringraziamenti

A conclusione di questa vicenda voglio ringraziare Pietro, il mio avvocato che scrisse la lettera di opposizione a Photoclaim e che mi fece un quadro della situazione, confermandomi che le mie competenze sul copyright erano assolutamente reali.
Ringrazio tutti i commentatori degli articoli sul copyright che mi hanno trasmesso vicinanza e affetto, anche quando loro sembravano forti e noi deboli.
Ringrazio Simona, avvocato capace e sempre disponbile, che mi ha istruito sulle procedure civili internazionali.
Ringrazio gli avvocati Montana e Dell’Arte che mi hanno regalato il loro tempo per rispondere alle mie domande.
E ringrazio anche l’Autorità Garante per la Concorrenza e il Mercato per questo provvedimento e per aver inserito il mio lavoro tra le fonti (poche) che hanno scritto in merito e che è stato considerato rilevante.

La battaglia per una normativa sul copyright (che ripeto, è sacrosanto) continua. Ma intanto chi pensava di farne un business è stato sconfitto.